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sabato 16 maggio 2009
Pubblicato da Alison.

MENTRE NON CI SEI..

Mi chiedo molto spesso cosa voglio , dall'anoressia intendo;
A che risultati voglio arrivare? Ma io che sono una buona a nulla ci arriverò mai?
La conclusione non la ho a portata di mano, ma la mia riflessione è questa
'' Perchè io viva davvero ho bisogno di sentirmi viva'' E lo so, non c'entra un vero cazzo, ma sarò almeno un pò coerente,sto da schifo, ma non abbastanza , avvolte vorrei tornare indietro, ma mi chiedo se l'ho mai cercata sta cazzo di felicità. Ma che persona sono? Predico di non darsi per vinti e vomito cinque volte in un giorno, che persona sono? Mi deprimo e mi lesiono, poi RI-vomito, faccio un sorrisetto quando dagli occhi è meno l'evidenza delle vene, mi faccio vedere in giro per una serata e poi ricomincio, riecco che vomito. Ma in fondo cosa vomito? Un cucchiaio di riso? Un morso di una baretta integrale?

4 commenti:

GuaiTraCorpo&Mente ha detto...

Molte volte il disegno della nostra vita bisogna imparare a guardarlo anche da altre prospettive e ciò che proprio non possiamo vedere e non ci sta bene prendere una gomma e cancellarlo. Ci sono parti del disegno che saranno fatte talmente calcate che farai fatica a cancellarle, ma ce la farai se avrai pazienza e ,anche se rimarrà ancora una piccola traccia semi trasparente, non rattristirti, non disperarti, non arrenderti non smettere di vivere...perchè è stata una parte del tuo disegno, della tua vita. quando lo colorerai con dei sorrisi, con delle altra soddisfazione e con dell'allegria vedrai che sparirà del tutto quella piccola imperfezione!
Grazie per essermi vicina. bacio

Veggie ha detto...

Leggendo le tue parole di questo post ho pensato che a tanti ho rinfacciato che non hanno il coraggio di soffrire. Subito dopo mi è venuto in mente che io non ho mai avuto il coraggio di non soffrire. Quanta paura che fa la serenità. Capisco, capisco quando dici che sorridi a tutti. Capisco quando mi parli di maschere, di "predicare bene e razzolare male". L'anoressia obbliga a costruire un carnevale diverso per ciascuna persona che s'incontra. Bugie. Per giustificare il peso, per giustificare quel che si mangia/non si mangia, per giustificare tanti atteggiamenti. Quante volte mi è capitato di pormi la tua stessa domanda... Voglio provare a dare una risposta. Per me, ma forse anche per te. Io credo che non l’ho fatto solo per gli altri, e forse anche tu non l’hai fatto solo per gli altri. Lo si fa perchè lo si sente come una necessità, perchè si va avanti ad occhi chiusi senza avere il coraggio di aprirli. Non è certo un qualcosa che ci rende fiere di noi stesse, magari ci si maledice pure tutti i giorni, ma personalmente mi rendo anche conto che le varie maschere per adesso sono l’unico modo che ho per custodire uno spazio segreto, inviolabile, e coltivarlo. Mi rendo conto che solo in questo modo riesco ad avvicinare le persone: mettendo una barriera semipermeabile tra me e loro, un volto che lascia passare qualcosa di mio ma non troppo. Però il numero delle maschere non è proporzionale affatto a quello che c’è dietro. E qualcosa dietro c’è, altrimenti non avrebbe senso coprirlo. Tu adesso hai un corpo che non senti, ma ce l’hai. Questa è una constatazione dolorosa ma contemporaneamente può essere un trampolino di lancio. Scrivi di fasi: nelle fasi è implicito un percorso. Anche io avrei voglia di dirti di lottare, di non mollare… ma lo vedi come siamo? Perché non riusciamo mai a dircelo? Perché ci reputiamo così poco credibili? Perché dentro di noi crediamo fermamente che ci sia una ragione per essere qui, per parlarci, e poi fatichiamo così tanto per darle importanza, per renderla il motore di noi stesse? In fin dei conti, io credo che tutto ciò che vorresti è avere un corpo che ti faccia respirare in pace. Tutto il dolore fisico che si sente, la debolezza, la stanchezza, dovrebbero essere sufficienti per rendere quell’ “esaltazione nel restringere” qualcosa di estremamente meno potente. Io ci sto provando. Ogni chilo è una vittoria da una parte, una sconfitta dall’altra… Ma non mollo... perchè combattere è l'unica cosa che mi può porta, un giorno, a vincere...
E sono sempre lì. Ma lotta, la lotta che intendiamo, non è questa. La lotta che intendiamo è la quotidiana accettazione della nostra bellezza disarmonica contro mille e poi mille resistenze. È la corsa forsennata verso farfalle che non si lasciano acchiappare. Tra pietre e farfalle, pur di avere “qualcosa subito”, si possono raccogliere pietre all’infinito, riempirsi di immobilità e di morte all’infinito, infondo sono più accessibili, non volano via, sono molto più rassicuranti. Ma la vita è qualcosa che sguiscia, che vuole essere inseguita, è qualcosa di leggero e fragile, solo sfiorarle un’ala può comportare la fine del suo volo. Eppure la morte non riempie mai. Lascia un vuoto simile al buco allo stomaco. Credo che sia la vita ciò di cui si ha fame.

Giulia ha detto...

Ciao!
Grazie ancora per le tue parole...
mi chiedi cosa mi ha "spinta" verso "mia"... sinceramente non so cosa rispondere.
mi ci sono ritrovata.
Forse come maledetto meccanismo di compensazione emotiva non so...
eppure sono una persona molto reattiva, sorridente, ovviamente quando sono in mezzo alla gente, perche' da sola il tormento mi DIVORA ANIMA E CORPO.
OGIO IL CIBO.
vorrei poter vomitare, digiunare, ho scelto il male peggiore.

GuaiTraCorpo&Mente ha detto...

lo so anche a me capita... per me mangiare un piatto di pasta e un insalata è praticamente come il cenone di natale... il mio corpo è talmente abituato a digiunare o cmq a mangiare pochissimo che metà mela basta e avanza. poi ho giorni dove per il nervoso mangio di tutto come mi è appena successo e altri che non mangio anche per settimane intere...
per qnt riguarda la storia che mi hai raccontanto, anche io ci ho provato a parlarne, ma non capiscono e il risultato è che ti danno della malata complessata problematica oppure spifferazno tutto...ma alla fine se una persona ci tiene che ci può fare? è normale preoccuparsi..
se hai bisogno mi trovi qui;
enjoy.joint@hotmail.it